CONNESSIONI SENZA INTERRUZIONI

28 settembre 2018, Piazza Sempione: una piazza tra tante in un giorno qualsiasi di un pomeriggio a Roma. Siamo lì di passaggio, solo pochi passi ancora per andare a trovare un amico.

Facciamo per attraversare da un capo all’altro la strada, ed ecco una scena che a Roma si vede spesso: uno scooter si inclina sull’asfalto, il conducente vola in terra.

L’auto che si era accentrata in mezzo alla piazza a pochi centimetri dal motorino non c’entra nulla: il mezzo a due ruote ha fatto tutto da solo.

Ci avviciniamo, sull’asfalto c’è una signora non più giovanissima. È magra, leggera, trema di spavento.

“Un fascio di luce mi ha abbagliata!”, si giustifica, mentre due ragazzi l’aiutano a rimettersi in piedi e a tirare su il mezzo.

In fondo c’era già abbastanza gente a fare capannello, ma sento che dobbiamo restare lì con lei.

Mentre tutti se ne vanno, visto che menomale nulla di grave è accaduto, mi avvicino ancora.

Lucia ha lo sguardo basso, assorto in tanti pensieri, in bocca un filo di voce.

La prendo per mano, la invito a non ripartire subito, a condividere un sorso di qualcosa al bar di fronte.

Altri arrivano per spingerle il motorino, sistemarlo sul cavalletto, provare ad accenderlo, verificare i freni.

Le dico che se vuole potrà portare lo scooter da mio zio Massimo, che ha un’officina poco distante. E che caso: mezz’ora prima eravamo proprio da lui.

Intanto Lucia poco a poco si racconta. Non è una storia facile la sua.

E così, senza fare nulla di speciale se non ascoltare, ci rendiamo conto che essere lì con lei è un dono prezioso.

Faccio per comprarle un tè, come da lei richiesto. Daniele, il barista, mi impedisce di pagare.

Torno da Lucia: “Hai visto che bello? Quanta gente ti vuol bene!”. Il mento le tentenna dall’emozione, mentre non fa che ringraziare stupita, per una tale comunione intorno a lei.

E così: così per chi ha occhi per vedere, orecchie per ascoltare, ogni giorno la commedia della vita regala tesori.

I fili che disegnano le nostre tracce sulla mappa dell’esistenza si intrecciano in così tanti punti, combacianti gli uni sugli altri.

Prima di salutarci, Lucia vuole sapere il cognome dello zio meccanico:

“Moretti”, faccio io, ed ecco che scoppia in una risata incredula. Compone al telefono un numero, cui risponde proprio mio zio Massimo. Lo saluta con una voce finalmente rischiarata dalla speranza, riscaldata dall’amore. Perché il “suo” meccanico è il “mio” meccanico. Siamo tutti connessi da un’impalpabile cammino, che ci attraversa tutti senza soluzione di continuità

Le lascio il mio numero di telefono, con l’augurio di rivederci, di passarla a trovare. Ed ecco che ricevo il messaggio riportato nella foto.

Il senso di questo pomeriggio prende improvvisamente forma, constatando come costantemente siamo accompagnati da quel legame che tutti ci unisce.

E così, non appena ho ricevuto il suo messaggio, il gesto donato è tornato al mittente, perfettamente contraccambiato.

Una rima baciata, un ballo di coppia nell’infinita danza tra il dare e il ricevere.

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