Cremona Musica #2: Giovanni, o del coraggio di essere se stessi

Giovanni è davvero così: come lo vedi è. Un uomo che per diventare un artista totalmente libero e colmo di musica, ha dovuto fare una cosa in particolare lungo il tragitto di una vita tanto speciale: non avere paura di essere se stesso.
Dopo un’esibizione che ha fatto tremare le sedie ieri, con il Lamento di Arianna in rima baciata al suo Concerto Rotondo, lo incontro oggi alla stazione di Cremona, anche lui di ritorno a casa. 
Ci eravamo già incrociati in altre occasioni: e mi ero sempre trovata di fronte un uomo gentile e riservato, lontano dal voler piacere e compiacere, comunque poco incline a chiedere o a fare domande, a intrattenere. Perché Giovanni fa quello che fa semplicemente perché lo ama, a tal punto da non dover pensare a come farlo.
Ma i Cremona Music Award, lo scrivevo ieri, ti fanno il dono degli incontri più imprevedibili proprio nei fuori programma. E così oggi, in meno di due ore insieme fino a Milano, abbiamo compiuto un viaggio intorno al suo mondo.
Mi ha raccontato dell’Ice-Cello che suona nei ghiacciai delle nostre montagne in teatri-igloo prima che si sciolga, nota dopo nota, per ricongiungersi alla terra. Mi ha fatto rivivere le mie traiettorie aborigene nelle sue, disegnate attraverso i Territori del Nord che esplora ad ogni passaggio in Australia. Mi ha proiettata in un film che però era di vita, dicendomi di come quel bizzarro spettatore rimase inchiodato alla sedia nella Sala Tchaikovsky a Mosca, pure se il concerto era finito, rimasto immerso nell’ascolto così intensamente da impedire la chiusura del teatro, e che poi si sarebbe presentato con il nome del grande regista Anatolij Vasiliev. 

Giovanni Sollima è così come sembra per davvero. I suoi racconti sono come le sue partiture: un inno alla creatività, una dichiarazione d’amore per lei. Che sia metal o Monteverdi, che sia con Frankie hi-nrg o coi 100 violoncelli: musica, insomma, pur sempre semplicemente musica. Che ispira il coraggio di saltare nel vuoto, come le ali che palpitano in “Violoncelles, Vibrez!” e che alla fine ascendono, aprendosi in volo. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *