A PIEDI NUDI NELL’HUMUS DELLA VITA

Da Collepardo ad Arpino

(Tappa 13/14 di 16)

Km 42

Bellezza: 8,5/10 + 8/10

Difficoltà: 8/10 + 7,5/10

L’arrivo a Collepardo sotto la pioggia mi impedisce di scattare le foto che questa cittadina merita. Devo dire che tutto l’attraversamento da Guarcino in giù accarezza il cuore di chi come me è già conquistata dai paesaggi ciociari intrapresi all’ombra dei Simbruini e ora degli Ernici. Anche il passaggio per Vico del Lazio meriterebbe una sosta ma piove troppo, e punto dritto a Collepardo.

Sotto l’acqua, riparata da un grande ombrello, mi si avvicina il grande sorriso di Ivana. Sì, prima arriva il sorriso e poi la figura intera, a brillare nel grigio uniforme d’una pioggia che però è benedetta, come diceva ieri la contadina Angelina, per la tanta attesa.

Il paese è ancora più prezioso di quanto immaginassi: questa è una delle località più apprezzate della provincia di Frosinonegrazie alle sue stupende grotte, ai luoghi di preghiera, a quei paesaggi autentici che in Ciociaria non trascolorano ancora. E anche per la lunga tradizione di coltivazione e salvaguardia di erbe medicinali, spezie, liquori, prodotti antichissimi risalenti alla tradizione certosina erboristica locale, qui ereditata da oltre cent’anni di attività dalla famiglia Sarandrea.

Ivana ci tiene a farmi fare la mia prima visita a Collepardo non a casa sua, ma in una delle farmacie più famose d’Italia. Proprio qui accanto il laboratorio Sarandrea elabora, distilla, estrae, miscela ricette nuove e monastiche di millenaria tradizione. Come sempre però arrivo all’orario di chiusura e a bottega non ci sono entrambi i fratelli ma solo Leonardo: è lui con Marco al timone di una realtà che Ivana definisce “l’orgoglio di Collepardo“.

Leonardo mi seduce con la bellezza delle confezioni, con la fragranza degli odori artigianali, infine con un bicchierino di Ratafià di visciole selvatiche, che dopo una giornata fredda e umida è la coccola ideale.

Ma la sorpresa più grande arriva dopo la grande sorpresa della bottega che ogni piccolo paese sognerebbe di vantare. Ed è stata entrare a casa di Ivana e Giorgio, dove i piccoli Gabriele e Lorenzo scorrazzano gioiosi sul divano. Forse proprio perché la semplicità amicale con cui questa giovane mamma mi aveva accolto a Guarcino non lasciava presagire cosa potesse mai esserci dietro il portone de La Casa di Ivi: un palazzo ottocentesco appartenuto alla famiglia del Cardinale Teodoli, affrescato dalla scuola di Filippo Balbi, lo stesso della Certosa di Trisulti, con un giardino pensile sovrastato da una fiera torre di avvistamento.

Avete capito bene: un palazzo nobiliare disegnato come un gioco di scatole cinesi, con ambienti che si aprono gli uni sugli altri e un giardino che si spalanca improvviso alla vista degli ospiti, trasformato in residenza per pellegrini. È qui che si soffermano per ore, come in un raccolto e inaspettato eden, mentre la vicina cucina scoppietta di ricette preparate da Ivana o dagli stessi pellegrini, mentre un juke box originale degli anni che furono irradia la sua allegra musica.

La tappa di oggi è doppia, dunque molto lunga. Mi tocca svegliarmi alle sei e mettermi in moto prima di quanto avrei voluto. Sarebbe bello indugiare ancora a Collepardo con Ivana e Giorgio, ma ho più di 40 chilometri da portare a termine. Piove anche oggi, ma la prima parte è talmente bella nel fitto bosco, attraversando luoghi dello spirito importanti di cui si percepisce l’energia anche soltanto sfiorandoli da fuori, che quasi me ne dimentico. Poi c’è la lunga discesa verso l’abbazia di Casamari, nota in tutto il mondo per la sua potenza arcaica, dove mi aspetta Zenno per concludere il Cammino insieme fino a Montecassino. Dopo esserci rifocillati nel simpatico bar gestito da Pierina con l’assistenza di Anna, che si dice entusiasta di servire i pellegrini, ci dirigiamo in un altro affondo in piena Ciociaria.

Piove tanta acqua e noi ci incamminiamo in una strada di erba e d’un bel fango marrone vivido, quasi rosso. Zenno – ormai avete imparato a conoscerlo – è l’uomo che fa i Cammini in ciavatte, con le con le sue adorate Hawaianas, e invita a provare l’esperienza anche me: suggerisce di non mettermi le scarpe da trail, tanto vale bagnarmi i piedi del tutto. Così camminiamo e corriamo persino sotto la pioggia a piedi aperti, nel fango, nelle pozzanghere, liberi di poterlo fare, liberi dalle scarpe. A un certo punto, con i piedi che sgusciavano ormai dappertutto, decidiamo di levarci anche quelle: e di proseguire a pianta nuda. Mai fatto prima, a piedi nudi sotto la pioggia battente, nel bel fango vivido, sull’erba ciociara. L’humus della vita. Certo non posso raccomandare di farlo anche voi, ma noi beh, abbiamo trascorso un’ora pazza e bellissima.

Incontriamo animali, tanti animali, allo stato brado e da cortile, chiacchieriamo con i muli e i cani, con le oche e i loro padroni. Raramente ci riversiamo sull’asfalto e ringraziamo Simone per aver cercato la traiettoria più verde possibile, sempre. Sbucati su una strada momentanea, ecco che però ci viene incontro una ragazza: dice di chiamarsi Valeria, di essere prima di tutto una pellegrina e poi anche un’abitante di qui. Dice di seguire le storie che pubblichiamo su Facebook, e che voleva intercettarci proprio oggi, per darci un abbraccio di benvenuto nella sua terra “gl mglicur d gl munn” (l’ombelico del mondo, come dicono da queste parti), e condividere con noi la sua gioia per aver avviato proprio oggi un’attività di accoglienza per i pellegrini in questa zona. Il Cammino ti cambia la vita per davvero.

www.ilmondodiabha.it

www.camminodibenedetto.it

#donneincammino

…e presto su www.lonelyplanetitalia.it

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