La scheda del Camino di Fisterre giorno #2: da Negreira a Olveiroa, 35 chilometri compiuti in circa 7 ore e mezzo di cammino. Percorso con continui saliscendi.
Difficoltà percepita per Abha: 8/10 – Difficoltà percepita per Andrea: 8/10 – Feeling per Abha: 8/10 – Feeling per Andrea: 7,5/10.
Le nostre impressioni: Tappa stupenda nei boschi prima di Zas, magia pura (e obbligatorie le varianti segnalate!). I continui saliscendi si rivelano molto più duri del previsto, soprattutto con 830 chilometri già sulle spalle. Dunque si consiglia di fare questa tappa, quasi obbligata nella sua lunghezza, dopo una lunga notte di riposo e con partenza al mattino presto. Noi ci siamo invece ritrovati ad arrivare quasi alle 8 di sera, davvero molto provati.
Le spese: Pasti 44 (tappa obbligata a Villaserìa per pranzare a Casa Vella! Spettacolare la casa, lo scenario in giardino, l’accoglienza della signora Vella) – Snack 2 – Pernotto 24
Fate il Cammino per Finisterre a piedi, e godetevi ogni centimetro di bosco. Stamattina, partiti da Negreira, l’immersione nella foresta è stata quasi pericolosa. Nessuno all’infuori di noi era lì. Un silenzio umano totale, espanso dai suoni degli alberi e degli uccelli. Il verde, quasi accecante, era un verde tropicale. Sì: non ho mai provato emozioni amazzoniche così vicine al vero pluviale al di fuori dell’Amazzonia come in questo bosco, che si percorre per alcuni chilometri prima di arrivare a Zas (per favore: fate la variante, non seguite la strada asfaltata).
La nebbia, il fiume lento, i verdi di tutti i colori, l’autunno che trascolora sulle foglie, la quiete totale del bosco immobile: sembravano questi i doni più preziosi di una tappa molto più lunga e dura di quanto potessimo sospettare. E invece, dopo circa 15 chilometri di Cammino, bellissima la nostra siesta a Casa Vella, per un pranzo da re-pellegrino a Vilaserìo, in questa antica abitazione con grande giardino, dove la signora Vella ti ospita come un nipote e dove mangi solo ciò che il suo orto produce.
Poi, 8 chilometri dopo, in un altro momento di grande stanchezza, Andre invoca la materializzazione di una birra. Impresa non facile in aperta campagna: qui i paesi sono più radi, e puoi rimanere a becco asciutto per chilometri.
E invece ecco che dietro l’angolo, sul ciglio della strada sbuca un bar. Un uomo anziano e dallo sguardo saettante azzurro come quello di un bambino, seduto anche lui a rifocillarsi, ci guarda e ci chiama a sé in italiano, senza un perché.
È stato così che abbiamo conosciuto Luigi Cianti. Il Pellegrino con la Pi maiuscola, che viene da Roma anche lui, via dei Cappellari per la precisione. Un uomo che oltre 20 anni fa ha perso il grande amore della sua vita, sua moglie Daniela, e da allora vive come un autentico pellegrino medioevale: completamente nelle braccia della provvidenza, ovvero senza una sua lira.
È lui che nel 1995 ha lasciato tutto quello che aveva, la cospicua eredità della moglie per un valore di 5 milioni di euro, ai bambini orfani ospitati dai Salesiani di Torino. Una storia la sua che ha fatto il giro d’Italia e del mondo, sparpagliata proprio dal pubblico mondiale dei pellegrini, imbattutisi in Luigi come noi.
Siamo rimasti basiti ad ascoltarlo, e a intervistarlo. Niente per Luigi vale più di questa sua libertà, più di potersi immergere un’altra volta in questi boschi verdi, e di percorrere in avanti e indietro incessantemente tutti i pellegrinaggi giacobei. Non c’è stata una volta che qualcuno non gli abbia aperto casa, non gli abbia offerto un po’ di pane con le sardine, non gli abbia fatto dono di un maglione o di tutto ciò di cui in quel momento poteva necessitare. Anche ora che con lui ci sono Blas e José Maria, che si definiscono “apprendisti pellegrini”.
I segreti della felicità di Luigi? La salute e…la mente blanca. Ovvero pulita, leggera, sgombera: non c’è niente da pensare, c’è solo da amare.