Cammino del Nord, giorno #6
Da Gernika a Bilbao
Km 40
Difficoltà 9,5
Bellezza 7,5
Le spese: Albergue donativo = 5 euro (compresa cena usata quale pranzo del girono seguente e colazione) + dolcetti comprati a Bilbao = 6 euro. Totale = 11 euro
Le dritte:
1. Avendo unito due tappe, ti consiglio di fare come ho fatto io se sei ben allenato e ti senti pronto per affrontare 40 km. Il vantaggio per me è stato superare la città, visto che avevo già visitato Bilbao, e alloggiare all’ultimo Albergue, per far sì che l’indomani mi trovassi già un nel pezzo avanti.
2. L’Albergue de Peregrinos è donativo e ti offrono anche cena e colazione, dunque se non sei stanco è un’ottima soluzione!
3. Altro vantaggio è che è enorme: non dovrai dunque mai preoccuparti di non trovare posto, anche se arrivi la sera. Ricordati solo che come tutti gli altri chiude alle 22;
4. Le frecce non sono ben segnalate in questo tratto: se già non te l’ho raccomandato, ti consiglio caldamente di scaricarti una app (a pagamento: ce ne sono diverse) con il percorso indicato su cartina e satellitare, con anche la tua posizione costantemente indicata;
5. Trattandosi di un percorso in gran parte asfaltato, è stato un pochino più difficile trovare la privacy per fare “pip stop”, soprattutto se sei fanciulla. Così, per fare a velocità intramuscolare, mi sono trovata benissimo a indossare i pantaloncini corti :-))…anche considerando che, via strada, senza il refrigerio del bosco, avrai bisogno di bere ancora di più 😉
Nel giorno del record della distanza più lunga mai camminata, imparo che non puoi mai dirti arrivata finché non hai compiuto l’ultimo centimetro: che è quello che separa la molla del timbro dall’andare giù, a imprimere il “sello”, il sigillo sul passaporto del pellegrino. Quel gesto, quel clac! netto e metallico compiuto ogni sera con mano sicura dall’hospitalero, che ormai sa come centrare per bene il logo nella casellina della tua credenciale, vuol dire che sì, finalmente la tappa odierna è completata. Ogni evento che si verifica prima di allora, anche se la mappa ti dice che sei a pochi metri dalla meta, ti invita costantemente a non distrarti, a rimanere all’erta nel tuo movimento, magari stavolta riesci a non cascarci nell’illusione della previsione. Nell’arroganza dell’esperienza già vissuta.
Fino al “sellar”, e al conseguente lascito donativo nella scatola delle offerte, non è detto infatti che troverai un letto libero, e mentre ti avvicini all’Albergue trattieni il fiato fino a tirarlo in un sospiro solo a porta evidentemente aperta, e non puoi dare per scontato nemmeno l’ABC, ovvero che la mappa ti stia conducendo all’indirizzo sperato. Insomma, lungo il Cammino l’insegnamento, che è anche il brivido ed è anche bello, è che non puoi dare niente per scontato: fino a quel clac! non è detto proprio niente.
Anche questo ci insegna l’essere in cammino, del ventunesimo secolo certo, ma pur sempre pellegrini inermi nelle mani della provvidenza (e sla la chiami caso, fato, fortuna, destino nei suoi sinonimi agnostici o atei, il risultato forse non è lo stesso); ed ecco cosa mi è accaduto oggi, abbassando di quel centimetro la guardia.
Decido di fare il “salto di quadro”, ovvero di passare di livello nel “videogioco”: mentre tutti i miei compagni di viaggio si fermano dopo una ventina di chilometri a Lezema, io decido di farne 30 per arrivare diretta a Bilbao. E sparigliare finalmente il ritmo ordinario delle tappe cadenzate, finora e come tutti, seguendo diligentemente il manuale.
Di visitare la capitale basca non me ne importa niente: ci sono atterrata lunedì, me la sono gustata nel mio giorno di prologo prima di prendere il bus per Irùn, domani – mi dico – sarò libera di partire spedita per camminare senza indugi verso ovest.
Così oggi ho salutato silenziosamente tutti coloro che incontravo, e ho intrapreso un nuovo cammino da sola. Da oggi è iniziata la fase 2.
La prima parte me la son proprio goduta, con la musica a palla nelle orecchie e delle belle sorprese: a Larrabetzu, ad esempio, ho rubato questo video girato a casaccio ma almeno di nascosto, e me la sono spassata nel dare corda ai freakettoni locali.
Lungo le strade, invece, ho raccolto più vividamente che in precedenza il drammatico sentimento politico dei baschi, testimoniato da urli trattenuti sui muri, da ulcere di stoffa sulle case: d’altronde Bilbao è aggrappata all’estrema propaggine della regione che governa, e l’eco per farsi sentire sin qui deve soffiare più forte. Tra poco mi tocca salutare anche questa lingua rara e strana e tintinnante di zete e di ti, così mi prende la foga di fotografare scritte e insegne a casaccio.
Qua e là mi sono concessa qualche scatto sui paesaggi e gli alberi, e ho fatto un’inaspettata scorpacciata con le bacche di gelso, in omaggio alle more che furono sul Francese lo scorso settembre: ne ho beccate di magnifiche oggi pomeriggio, i rami a stecco sottile gettavano fuori dei frutti succosi e sorprendentemente grandi.
Ma torniamo alla marcia, che dopo la lunga salita segnalata nello scenario surreale della squallida e disertata periferia di Derio, mi ha condotta in una decina di chilometri finalmente a Bilbao. Lo spettacolo allo scollinare la vetta è impressionante, le nuvole oceaniche addensate sulla città, le montagne intorno a cingerla, una vitalità brulicante percepibile sin da quassù.
Però però però…da lì all’Albergue mai avrei potuto immaginare di dover superare altri 10 chilometri spaccagambe di saliscendi, che tradotto in soldoni hanno significato un paio di ore buone di cammino. Man mano che l’attraversamento da parte a parte della città procedeva, la tipologia di abitanti e dei negozi digradava verso una vita totalmente diversa, come fossi sbucata da un passaggio spaziotemporale improvvisamente affacciata su una qualche periferia di metropoli africana: e la surreale cornice esotica, quasi esclusivamente nera, fatta eccezione per i negozi cinesi ovunque presenti, mi ha ricordato ancora una volta che lungo il Camino finché sei in movimento, finché non sei seduta lì davanti all’hospitalero col tuo passaporto in mano e la credenziale già aperta, tutto può succedere.
L’Overlook Hotel di Bilbao, ovvero l’ostello immenso e solitario dei pellegrini che è una scuola nella pausa estiva, è abbarbicato alla fine del mondo, in fondo a una strada lunghissima e tortuosa, un vero tormento dopo 12 ore a sgambettare. La filippina che mi accoglie però è gentilissima, la fotografo di sguincio mentre offre zuppa di lenticchie a tutti in uno stanzone che forse sarebbe l’aula magna. È una volontaria capace di un’autentica attitudine all’accoglienza, cosi posa subito il mestolo per prendersi cura di me e di un ragazzo spagnolo arrivato anche lui cotto in bicicletta, dopo 140 chilometri a pedalare. Ora mi sta curando una vescica sul mignolo che dovrà essere tenuta a bada, e io ricambio facendolo ridere un po’ con il mio spagnolo creativo. La fase 2 è proprio cominciata.