KABUL, POMPEI, PESCARA DEL TRONTO

La Lunga Marcia del Cammino nelle Terre Mutate

Tappa #9

Da Arquata del Tronto ad Accumoli

Km 22

Difficoltà: 8,5/10

Bellezza: 9/10

Perché non si parla di Pescara del Tronto?

Perché nessuno la conosce nemmeno per nome, e persino dio sembra essersi dimenticato di così tante cittadine sventrate dal sisma, come questa?

Me l’aveva detto l’amico Alberto Renzi, ed è vero, ci sono quattro fasi del Cammino nelle Terre Mutate:

la prima, fino a Camerino, è un prologo. La seconda, fino a Castelluccio, è la scalata al dolore fino all’abbraccio benevolo di una natura grondante bellezza. La terza, quella in cui fluttuiamo da ieri, è la discesa nell’apocalisse. Domenica raggiungeremo la quarta fase: dell’Aquila, e della sua rinascita.

Cosa significa attraversare l’apocalisse non è dicibile, né descrivibile.

Ci siamo taciuti anche con le foto: perché c’è solo da vedere con gli occhi e venire qui, nel punto zero del suolo completamente raso.

C’è da venire e subito: venite a camminare, non a commiserare. A vivere questi sentieri e boschi, una vacanza dell’anima su queste montagne che sono ancora più stupende con la loro presenza immutata. Venite a parlare con la gente.

Il simbolo dell’apocalisse si chiama Pescara del Tronto, e del paese resta solo una montagna di macerie. Null’altro che un cumulo pauroso di detriti. Come una moderna città azzerata dai bombardamenti, come una necropoli di cui restano i cocci, da un’antica civiltà.

Le foto che vedete sono solo vaghe immagini della realtà: scattate nelle frazioni che si trovano subito prima e subito dopo Pescara del Tronto, che è stata rasa al suolo al 100% e dove sono morte 52 persone, decimando l’esigua popolazione dei residenti, con un’alta percentuale di bambini e adolescenti che erano venuti a trovare i nonni per le vacanze estive.

Attraversiamo in silenzio Pescara, come fossimo a Kabul, o a Pompei, centinaia di anni fa.

Per chi è rimasto da queste parti, è proprio come vivere in una zona di guerra con la guerra fuori che è finita, ma con tanti conflitti dentro ancora da spegnere.

È Berardina a scrollarci di dosso il silenzio lugubre della cittadina rasa al suolo, quando superiamo Pescara e svalichiamo a Capodacqua, altro paese terremotato di cui non è riportata traccia nei titoli dei tg.

Lei ha un cuore gigante e un sorriso fragoroso. Ci accoglie sul prato subito fuori il paese, per il nostro quotidiano “radura lunch”. Con Berardina ci sono Angelo e la moglie Mariangela (abbracciatissimi nella foto), e Gianfranco, tutti di Capodacqua. Ci portano la loro frutta da mangiare, trascorrono il pranzo con noi. E noi ascoltiamo le loro storie.

Mentre Angelo ci spiega che “ci sono tre cose che non mollano mai: u lupe, a palomma, e la gente di Capodacqua”, Franco, la nostra guida CAI di Amatrice, si sente chiamato in causa: si unisce all’abbraccio con i navigatori delle stesse acque, insieme anche a Sofia, la nostra accompagnatrice di media montagna dagli argentei capelli, di Appignano.

Questa foto mentale, di tutti insieme, in questo abbraccio-crocevia di regioni intersecate dal dolore, indica l’unica via per uscirne.

Francesco prende il violino, è il tempo di ballare una melodia senza tempo, che potrebbe essere marchigiana o umbra, laziale o abruzzese. La sappiamo ballare tutti, anche se nessuno ce l’ha insegnata.

L’unione di tanti bracci è la vera forza. Come ci insegna la quercia di 500 anni svelata da Berardina sul sentiero verso Accumoli, con i suoi rami imponenti, le sue radici poderose. Il simbolo di ciò che resta.

www.ilmondodiabha.it

(il racconto completo presto su #movimentotellurico e #lafreccia. Con approfondimenti su #lonelyplanetitalia)

#movimentotellurico

#camminonelleterremutate

#federtrek

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