MANI NELLE MANI

Dall’Eremo di San Biagio a Trevi nel Lazio

(Tappa 11 di 16)

Km 22

Bellezza: 10/10

Difficoltà: 6/10

Ecco uno di quegli incontri che se ti capita una volta nella vita, sei già fortunata. Lei ha 96 anni, veleggia verso i 97 che completerà il 30 settembre. Non è soltanto una raffinata intellettuale laureata alla Cattolica di Milano, ha scritto una cinquantina di libri, è una donna coraggiosa e – dimenticavo un dettaglio fondamentale – è una suora. Salesiana.

Oggi ho avuto la fortuna di incontrare all’eremo di San Biagio Suor Maria Pia, la donna più lucida, più intelligente che abbia mai conosciuto con tutti quegli anni sulle spalle.

La videointervista che ho realizzato: https://youtu.be/BAeX4UbZzfw è una delle testimonianze più preziose che abbia mai raccolto in giro per il mondo. Ogni parola, ogni sillaba pronunciata da questa donna non è soltanto il frutto di un’erudizione fuori dal comune, né di un’intensa pratica spirituale perpetrata in 41 anni di eremitaggio qui a San Biagio. No: suor Maria Pia è un canale aperto con il cielo, ha la corsia preferenziale sempre sgombera per dialogare con Dio.

Le storie che mi racconta sono così tante e straordinarie che sarebbe uno spreco sintetizzarle. Ma ce n’è una che mi ha colpito particolarmente, la storia di un cantante rock di 27 anni giunto quassù con l’idea di abbandonare la sua passione per la musica.

Suor Maria Pia lo ha fatto rinascere con la forza delle sue parole, scrivendo di getto per lui un testo “con la cadenza tipica della musica rock, rime facili e strofe ben ritmate, perché basta riempire di senso una forma vuota, per sentire nuovamente la vita”.

Mi consegna anche “Verso un nuovo umanesimo – Messaggio inderogabile per l’uomo e la donna, oggi”: è il suo manifesto ecologico, spirituale, umanitario che cita Tich Nhat Hahn e che riporto tra gli scatti di questo racconto, insieme ai messaggi che popolano il grande giardino scosceso dell’Eremo, disseminati in ogni angolo, fino a raggiungere la mia camera da letto. Nella camera, anche, un foglio piegato tenuto in piedi, con le semplici e fondamentali regole della Comunità.

L’ultimo saluto con Maria Pia Giudici è con una preghiera: mi prende le mani e mi chiede di recitare con lei il Gloria.

Pochi versi, ripetuti negli anni meccanicamente, questa è la memoria di cui il più delle volte ne abbiamo. E invece: come in un tempio induista dove decine di discepoli recitano intorno all’Arunachala, come nelle preghiere buddiste intonate da una distesa di monaci nell’alba di Katmandu, come una cerimonia sciamanica nell’Amazzonia peruviana queste semplici parole arrivano amplificate da una potenza non umana, non possibile per una donna sola di novantasei anni e anche più.

Non ho mai udito ogni sillaba di questa lode pronunciata con un tale discernimento e intensità, tanto che a metà del primo verso ero già sciolta in un pianto inspiegabile.

Saluto le sorelle, saluto Suor Georgette che viene da Kinshasa e con i cui 74 anni ho condiviso in discesa il suo racconto di africana convertita e il senso della mia vita attuale in salita, in picchiata in entrambi i sensi per raggiungere la messa al Sacro Speco.

Il sentiero che mi porta da Luisa è l’inizio della seconda parte di avventura di oggi e si immerge nello stesso verde aniense dove avevo salutato Marzia ieri. Seguo le sue anse fino a una rigogliosa cascata, poi Luisa mi telefona e mi dice che è lì ad aspettarmi, a poche centinaia di metri di distanza da me.

È come se la mano di Marzia mi avesse lasciato da un capo del sentiero, e dall’altra parte ci fosse quella di Luisa ad aspettarmi.

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#donneincammino

…e presto su www.lonelyplanetitalia.it

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