Cammino del Nord/Primitivo, giorno #18/2
Da Pola de Siero a Oviedo
Km 26 (17 di percorso più 9 a zonzo per Oviedo)
Difficoltà: 6/10
Bellezza: 7,5/10 (con Oviedo bella 9/10)
Le spese: Albergue de Pelegrinos di Oviedo: 6 euro; supermercato: 15 euro; lavatrice/essiccatrice (condivisa): 1,5 euro. Totale = 22,5 euro
Le mie dritte:
1. L’Albergue apre alle 16 e il tipo è talmente lento che ti consiglio di non arrivare in anticipo: tanto il posto si trova sempre e se arrivi più tardi (vero le 17/18) almeno eviti di buttare due ore in coda. Al telefono non risponde mai, inutile chiedere informazioni. Non è compresa colazione né cena.
2. Visto che ti fanno pagare a parte lenzuolo e federa di carta (1,50 euro), ricordati sempre che tutte le volte che ne hai occasione portati con te delle lenzuola/federe usa e getta in poi magari da precedenti Albergue dove non le hai utilizzate;
3. In pieno centro c’è un supermercato fantastico, mai visto in Spagna uno così fornito di cose buone e a buon mercato: si chiama Mercadona e prima del Primitivo un po’ di rifornimenti fanno comodo;
4. Da qui in poi la temperatura è più fresca: troverai confortevole avere con te un sacco a pelo leggero e qualcosa di leggero ma di caldo con cui vestirti la sera e la mattina
Christophe mi ha insegnato un sacco di cose in queste ultime ore alla volta di Oviedo: abbiamo parlato dei Grandi Cammini d’Europa, di quelli in Francia in particolare, di tecnica della camminata, e del rapporto tra digiuno e longevità studiato dal biologo italiano Valter Longo, protagonista di un documentario prodotto da ARTE che mi suggerisce di vedere al più presto: racconta che 100 anni fa l’uomo camminava in media 20 chilometri al giorno, mentre oggi solo 700 metri. Ci basta guardarci un attimo con questi numeri nelle orecchie per prometterci di fare almeno un cammino come questo ogni anno, da qui all’immobilità.
È dunque lui il mio compagno di giornata, insieme a Silvia e Irene. Che sono una parrucchiera e un’estetista di Oviedo. Perché quando ce vo’, ce vo’: ieri mi sono messa alla ricerca d’un salone dove potermi concedere una coccola da femminuccia vicina al solito albergo pellegrinesco, in attesa di immergermi domani nel Primitivo vero e proprio.
E che scena fantascientifica entrare dall’estetista con gli scarponi, conciata come la Tomb Raider de’ noantri, con un polverone dietro di me lungo 550 chilometri…non deve esserle sembrata un’immagine molto invitante sul ciglio candido della sua porta al profumo di lavanda. Per fortuna però che Irene è una tipa sportiva, ex campionessa di sollevamento pesi a livello nazionale (e infatti più che per fare massaggi, le sue mani sembrano attrezzi del tritacarne). Così, sulla scia dell’atletica chiacchierata con Christophe, le chiedo lumi sul grande stato di forma che sprizza da tutti i pori dei suoi connazionali. Almeno di quelli incontrati lungo le vie dei Paesi Baschi, della Cantabria, delle Asturie: un sacco di gente che corre, cammina a passo rapido all’alba, fa sport in riva al mare. Vecchi che vanno avanti per chilometri col bastone lungo le strade di campagna, branchi di ciclisti che manco sulla pianura padana, mandrie di scout che marciano a un passo da atleti.
“Sì – mi spiega lei – qui siamo tutti molto dinamici, ci teniamo a sentirci in forma più che nelle grandi città. Mangiamo sano e poco, non eccediamo nel bere, nelle Asturie preferiamo la Sidra, poi tanto pesce atlantico e le verdure, soprattutto cavoli, avocado e i legumi”.
Persino le mucche, i cavalli e le lumache gli danno sotto in quanto a gesti agonistici, con una vivacità che non passa inosservata all’obiettivo mio e di Jersey Borsukiewicz.
Poi vado da Silvia, la parrucchiera, e l’aria d’Oviedo si vede lontano un miglio che le è salutare: mi accoglie con un sorriso gigante che mantiene con naturalezza nelle successive due ore, mi coccola senza un perché tra di noi, mi fa sentire a casa. Non c’è che dire: la gente qui è proprio bella, e la città è speciale.
Peccato il finale: ad attenderci c’è l’Albergue della famiglia Addams. Le foto che ha fatto Christophe rendono l’idea. Sembra una chiesa anni Settanta solcata da un lugubre corridoio che porta alle magre celle, decisamente penitenziali. Il fenomeno della giornata è lui, il tizio assurdo, purtroppo infotografabile, che manda avanti tutta la baracca. Ci mette almeno 10, 15 minuti per accreditare ogni pellegrino, riportando le informazioni di ciascun avventore con la gravità d’un notaio alle prese coi lasciti dei Borboni. Noi poveretti ci facciamo due conti: una fila modesta d’una decina di persone fa sì che ci tocca pupparci un paio d’ore buone di coda a cranio per un niente: un timbro, sei euro da versare, quattro generalità da trascrivere. A un certo punto, visto che il tipo è totalmente compreso nella sua mansione totalizzante, abbiamo preso ad autogestirci: chi nel frattempo si è fatto una doccia, chi va al supermercato per la spesa del giorno dopo, chi si butta su un letto a caso per schiacciare un pisolino, chi suona la chitarra con le birre in giardino. Ora capisco le piogge di recensioni negative su questo triste casermone, l’inspiegabile aver messo l’uomo più lento del mondo da solo dietro una scrivania dove serve dinamismo e prontezza, per accogliere con un inconcepibile flemma fino a tarda sera gli esausti pellegrini.
Ma a un certo punto mi ricordo e mi rilasso: se sono una lumaca dunque, può esserci mai fretta?