Cammino del Nord/Primitivo, giorno #17/1
Da Amandi a Pola da Siero
Km 27
Difficoltà: 6/10
Bellezza: 7,5/10
Le spese: Albergue Municipal di Pola: 7 euro + Sidra di fronte all’Albergue: 2,70 euro. Totale = 9,70 euro
Le mie dritte:
1. All’Albergue Municipal di Pola da Siero si trova sempre posto, dunque non ti preoccupare per questo. C’è la cucina, il frigo, è pulito e il personale è molto simpatico;
2. La Sidra va provata nelle Asturie, è a metà strada tra la birra e il vino come gusto. Di fronte al Municipal di Pola c’è una sidreria nota in città;
3. Da Amandi a Pola ci sono pochissimi bar/ristoranti e zero negozi/supermercati: regolati di conseguenza 🙂
4. La strada riprende a essere sentiero, ed è una via molto facile. Se hai benzina nelle gambe, allungati pure fino a Oviedo in un’unica tappa. Sono poco più di 40 chilometri.
Così, dopo aver salutato Sergio, sua moglie Edurne e tutti i nuovi amici incontrati nella loro casa-albergue La Ferreria, incantevole e familiare come tutti quelli della catena dei “donativi-responsabili” (ho pubblicato ieri la speciale lista di questa serie sul mio blog), stamattina ad Amandi è il momento della scelta.
Una scelta da sentire nel cuore: non potrebbe essere altrimenti in un pueblo che nel suo stesso nome contiene l’invito all’Amore.
E pure l’indicazione trovata ieri sulla strada, fotografata in un selfie volante a fine giornata, già non dava scampo: Love is now, si leggeva sul mio sfondo. L’ha notata subito la mia adorata Rosa A Polacco, con il fiuto di chi #LoveIsTheAnswer
Così mi sono svegliata con il cuore forte e chiaro: senza alcun dubbio ho sentito che il mio desiderio faceva rima baciata con la scelta già sentita giorni fa.
Dunque è tempo di lasciare andare questa via e il passato trascorso fino qua e per prima cosa dovrò separarmi dalle impareggiabili bodyguard di questi ultimi giorni: Fabio, che mi ha agguantato ieri dopo tre giorni di recupero e più di una maratona di chilometri macinati fino a sera, e Wojtech, stupendo ragazzo ceco venuto a camminare per comprare un anello a Santiago, da mettere al dito di una ragazza che quel giorno non crederà ai suoi occhi.
So che incontrerò altre storie e compirò una nuova avventura in questa seconda parte di Cammino, e sono felice di essere arrivata fino al suo inizio a piedi, senza voltarmi indietro e apprezzando quest’ultimo tratto di Norte tanto come forse manco nei Paesi Baschi.
Ora è tempo di ritorno al futuro, di salto in avanti sin nelle radici. Ora è tempo di pancia e di Primitivo. 376 chilometri per arrivare a Santiago, che si sommano ai 500 circa realizzati fino qui.
Ma quest’ultimo passaggio sul Norte mi ha regalato tanto in sole 24 ore, è tempo di riconoscerlo.
Come l’incontro con una ragazza peruviana che mi piace salutare con una foto di schiena, anche lei lumaca per vocazione, sul cui profilo Inca ho indugiato per un paio di ore ricordando la straordinaria esperienza in Perù d’un paio di anni fa;
come la cena con un drappello mai così numeroso di italiani tra cui Enrico, percussionista perugino che vive a Roma e che si è messo in cammino il 16 maggio e poi ha proseguito saltando da un percorso all’altro, e non si è più fermato;
e come soprattutto la visione di spalle di un uomo con un cucciolo d’uomo al fianco. Una visione tenerissima: il bambino saltellante intorno al suo lungo bastone e l’adulto sofferente a una gamba un po’ sbilenco ma determinato a dare il buon esempio. Procedevano in silenzio a qualche metro da me e da Wojtech ieri pomeriggio, ci hanno incantati con la storia che di loro abbiamo subito immaginato: un padre che propone al figlioletto di camminare insieme per centinaia di chilometri. Quando li abbiamo incontrati la sera alla Ferreria, la bellezza di Jayson ci ha travolti tutti: un viso perfettamente tondo come solo in oriente sanno disegnare, due occhi vispi d’un’intelligenza che promette grandi cose e un sorriso cinematografico che apre il cuore. Parla uno splendido inglese suo padre, ci racconta che vengono da Pechino e che si sono regalati 40 giorni per camminare in Spagna. Jayson – che non si chiama così in Cina, ma che per nostra bontà si fa chiamare così in Occidente – non fa una piega, marcia per anche 25 chilometri al giorno sulle sue gambette fine da undicenne che ne dimostra pure meno. Spesso, ci dice il papà, prende il suo quaderno e si mette a scrivere (anche lui!) compiti complicatissimi mentre cammina.
Ma il bello della storia che ci ha lasciati emozionatati e stupiti è stato quando, verso la fine della cena, l’uomo confida di essere non il padre ma il patrigno: e che questo Cammino sta aiutando il figlio della moglie a trascolorare i suoi occhioni in una chiarezza di sguardo che non gli aveva mai visto prima.
Penso a Jayson ora e a quest’uomo generoso di Pechino, penso a quanto voglio dire a tutti voi di buttarvi, di venire a fare il Camino:
veniteci voi, da soli, o con le vostre mogli, mariti, compagni, mandateci le vostre figlie e i vostri figli.
Questo è il viaggio dei viaggi, fatelo: un’esperienza che tutti hanno da vivere una volta nella vita.
Guardo così per l’ultima volta gli occhioni di Jayson, li metto in una foto. Quante storie ho scritto e quante ne scriverò su questo nuovo Cammino. Che intanto, e nemmeno me ne sono accorta, è già iniziato: l’aria è subito diversa qui, è solo il vento a farmi compagnia, nessun pellegrino appare all’orizzonte, né avanza alle mie spalle.
Bacio un albero, bevo la sidra.
(grazie a Jersey Borsukiewicz per le stupende foto ai paesaggi)