L’upgrade dei piedi

Cammino del Nord, giorno #15

Da Llanes a San Esteban de Leces

Km: 41

Difficoltà: 8,5 (un po’ lunghetta ma facile)

Bellezza: 9 (bei paesaggi e finalmente tanto sentiero)

Le spese: pincho sulla strada = 3 euro + supermercato = 16 euro + Albergue = 6 euro. Totale = 25 euro.

Le mie dritte:

1. Fermati anche se sei a pochi chilometri dalla meta: ieri avevo un fastidio a una gamba a 3 chilometri dall’arrivo e ho preferito fermarmi. Ho fatto benissimo! Farsi del male è questione di pochi istanti;

2. Vai al tuo passo, non ti accodare a chi è più veloce di te…lascia che gli uomini corrano e non ti curar del giudizio di nessuno: ho visto in questi ultimi giorni un sacco di persone con dolori alle gambe, strappi muscolari e altri problemi per aver tenuto un passo non giusto…

3. Se ne senti la necessità, a ogni pausa mettiti la crema antivesciche e una lenitiva per i dolori muscolari: ultimamente mi sto trovando benissimo così, con tutte queste coccole;

4. Chiusi bene il tuo zaino sempre: anche se devi prendere qualcosa solo per qualche minuto, chiudi tutte le zip. Abbiamo zaini pieni di tanti oggetti e molti miei compagni si sono persi cose proprio nelle pause, o dimenticandosi le zio aperte;

5. Idem per i bastoncini: ieri Iva ne ha perso uno perché quando non li usa lì ripone in una tasca laterale (larga) dello zaino…

6. Io i bastoncini quando non li uso li infilo nella parte passa di uno spallaccio, così mi fungono pure da bracciolo :-))

Quella macchiolina rosa in fondo al sentiero alberato della foto si chiama Sonia Tucci. Ci siamo conosciute per 5 minuti soltanto poco fa, ma anche con lei ci siamo subito capite negli occhi. Venezuelana figlia di un italiano e di una tedesca, vive vicino Liverpool e gira il mondo in bicicletta. Il prossimo giro dei piedi magari sarà sui pedali con lei.

L’ho incontrata a un incrocio che rappresenta la giornata di oggi: tante pietre colorate, miliari di chissà quali avventure, dipinte di messaggi e di paesaggi. Guardandole, mi sono tornate al cuore quante storie sfogliate in giro per il mondo, che in un abbraccio ho infilato insieme a me in quella botte di mille bandiere.

E allora, mentre trovavo posizione sulle pietre per la foto, ho ringraziato nient’altro che i miei piedi. Perché è grazie a loro che mi sono portata fin ovunque e fino a qui. Anche con le loro storte e le loro vesciche, con le punture che di notte non mi danno tregua dal prurito, anche con tutte le loro sfumature di dolore mi arrendo al loro grande amore, alla loro alleanza silenziosa ma vigile ai miei progetti.

Pensateci: sono loro i più preziosi strumenti di esperienza sulla cartina geografica della nostra vita.

In omaggio a tutti i nostri meravigliosi piedi, tozzi e affusolati, morbidi e callosi, rosa o giallognoli, lisci e pelosi, teneri e tuberosi, piatti o gobbi, dai grandi alluci e dalle lunghe dita

trascrivo il messaggio vocale che l’impiedeggiabile amica Ilaria Rezzi mi ha inviato con mirabile sincronicità, citando così il libro della Metamedicina:

“I piedi rappresentano il nostro avanzare nella vita. In India i piedi dei grandi maestri sono venerati, perché di fatto in tal modo si onora il loro progresso spirituale. I piedi e la camminata esprimono il modo in cui una persona avanza nella vita. Il dolore ai piedi è spesso collegato con l’impressione di non andare avanti, di rimanere sul posto: possiamo sentirci bloccati in ciò che desideriamo fare. La domanda è: ho l’impressione di girare in tondo? Di non avere più uno scopo nella vita?”

Già questo basterebbe per socchiudere un istante gli occhi e mettere una bella margherita su questa pagina del libro del Cammino, a ricordare questo momento con un sospiro lungo chilometri di sentiero.

Ma la mia amica ha proseguito poi con un altro breve messaggio, sempre spuntato dall’intuito di Claudia Rainville, e che è forse ancora più notevole.

“Le vesciche ai piedi: ho degli ostacoli lungo la strada che desidero imboccare?”

Sembra un errore di traduzione, ma la Rainville non si chiama Alfredo, e parla troppo bene l’italiano.

Così penso a me e a tutti i pellegrini, alle nostre vesciche in coro tutte insieme. In questo scollamento dell’epidermide e nel suo siero trasparente è racchiuso il piccolo dolore necessario affinché passi. Quando la vescica defluisce il piede fa una sorta di upgrade proprio come è successo a me oggi, com’era successo anche lo scorso anno a un certo punto del Cammino: il piede ti dice che ha superato il trauma, ti segnala che sono passati “gli ostacoli che desiderava imboccare”.

E così eccomi anche oggi alla soglia superata dei 40 chilometri, appena giunta alla verde meta di San Esteban di Leces dopo tanto rigoglioso mare. Metà Cammino è già superato, per un totale di circa 450 chilometri trascorsi in quindici giorni. E mi sento bene, finalmente. Stavo per fermarmi 15 chilometri fa su un eremo molto invitante, anche Ribadesella era così attraente per restare. Ma poi ha prevalso ancora l’istinto ad andare avanti. L’avanzare nel grande vento di oggi mi fa sentire che sì, il senso di questo Cammino non è tanto nel vedere o nel visitare: è semplicemente nel camminare per camminare.

Non potevo mettere i piedi su quell’autobus, non potevo salire sul treno qualche giorno fa. Per questo giro i miei piedi sono giù da tutto, foss’anche da una bicicletta per seguire la maglia rosa di Sonia.

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